Scrambler (Club Italia): quando tutto ebbe inizio
Chiedi alla polvere. Chiedile di Camilla e Vera, di Arturo Bandini e John Fante, e di quel rombo che ha squarciato l’aria immobile del deserto del Mojave, di quel tassello che ha alzato la sabbia fino a renderla quinta di un teatro immaginario in cui si rappresenta il puro maschio alle prese con le sue passioni tra cui quella, i-n-e-v-i-t-a-b-i-l-e, per i motori. Bisogna andare fin là e tornare indietro nel tempo di mezzo secolo e una manciata di stagioni per capire, riuscire a comprendere come tutto nacque. Quando un gruppo di amici con la gioventù nelle vene prese vecchie moto inglesi spogliandole dell’inutile e dotandole di pneumatici artigliati per correre nel deserto, per quanto possibile in linea retta, certamente a tutto gas. Fu l’inizio di qualche cosa che seduce ancora oggi. Ha un nome: scrambler.
REMAKE. È da questa eco che Ducati nel 2015 rispolvera uno dei suoi progetti più iconici, la prima Scrambler, creatura degli Anni ’60, quindi metallica e cromata, una moto che a modo suo ha fatto epoca, tanto da rimanere nel cuore di chi l’ha posseduta e dei molti che l’hanno sognata. La nuova Scrambler (qui la variante Club Italia a cui abbiamo dedicato questo video) nasce così, e nella genesi guadagna un cilindro per rimanere nel solco della tradizione Ducati, quella del bicilindrico desmo, del Pompone. Una doppia suggestione, e così forte, per una moto che è tante cose ma soprattutto un inno alla possibilità, perciò alla libertà. Voi non ci andrete nel deserto, men che meno del Mojave, con quella cavalleria che Barry Sheene ci avrebbe vinto dei Gran Premi. Ma ne avreste la possibilità. Ed è questo che conta.
COME LA SI INDOSSA? Se avete il fisico, con una Fruit of the Loom bianca, jeans Levi’s, desert boot non di marca e casco Bell. Altrimenti, tenete il casco e dissimulate con una Belstaff o un Barbour, a condizione che siano consumati dall’uso – anche da terzi – o comunque d’epoca. O ancora, con un Baracuta beige, questo anche nuovo di trinca, da accoppiare a un mocassino Sebago o a una Burwood marron. Il look vi ricorda qualcuno? Ma certo, il caro vecchio Steve. L’uomo che con la sua Bonneville acchittata da deserto – oltre allo sguardo e all’addominale da star – ha reinventato la moto, regalandole quell’immagine corsara che gli assomigliava e che è il motivo per cui, ancora oggi, le moto ci piacciono. E non badate a chi aggrotta le ciglia e arriccia le labbra e pensa o peggio dice: “Ancora McQueen…”. Gente che ha perso la voglia. Certe cose sono come il sesso: si fa da che mondo è mondo, ma se ci metti passione, è sempre la prima volta. (Testo di Luca Delli Carri)