Fiat 127, con la Sport c’è più gusto
Alla luce del considerevole aumento delle immatricolazioni delle berline sportive nei principali mercati europei, nella seconda metà degli anni ‘70 i grandi marchi generalisti si buttano a capofitto nella sfida delle piccole e medie ad alte prestazioni. Nel 1978 la gamma delle compatte sportive del gruppo Fiat, che negli ultimi aveva visto l’avvento di modelli di grande successo come 850 e 128 Coupé e Autobianchi A112 Abarth, si amplia con la 127 Sport.
BUON SANGUE NON MENTE. Nata dall’estro creativo di Pio Manzù, la 127 rimane all’apice delle vendite in Europa dal 1973 al 1978. Apprezzatissima per lo spazio a bordo e la praticità, si distingue dalla concorrenza anche per la proverbiale brillantezza di guida. L’impostazione meccanica, studiata sotto la supervisione dell’ingegner Dante Giacosa – il papà della 500 – deriva da quella della 128 e ha fatto scuola tra le utilitarie: trazione anteriore, motore trasversale con il cambio in linea e sospensioni indipendenti sulle quattro ruote. Un’ottima base di partenza che, con poche modifiche mirate, consente ai progettisti della casa torinese di ottenere una piccola sportiva capace di prestazioni sorprendenti.
DETTAGLI CHE FANNO LA DIFFERENZA. Rapporto di compressione portato da 9,3:1 a 9,8:1, nuova distribuzione, valvole maggiorate, condotti ridisegnati e un nuovo carburatore doppio corpo: queste le principali modifiche che consentono al 1050 cc ad albero a camme in testa di guadagnare ben 20 cv, raggiungendo quota 70. La velocità massima passa da 140 a 160 km/h, il chilometro con partenza da fermo è percorso in 35 secondi: prestazioni degne di nota per un motore da poco più di un litro di cilindrata. Altri interventi contribuiscono a migliorare le prestazioni, la tenuta di strada e la sicurezza: il rapporto al ponte viene accorciato (da 14/57 a 13/58), la barra stabilizzatrice anteriore irrigidita, i canali ruota allargati e i freni potenziati. All’esterno si notano la calandra con lo stemma circolare, utilizzato sulle Fiat sportive, e la targhetta ’70 HP’, lo spoiler anteriore e posteriore, le strisce colorate, la scritta 127 Sport sulle fiancate e il doppio terminale di scarico. All’interno spiccano i nuovi sedili con poggiatesta integrato e lo schienale del divano posteriore sdoppiabile, un accorgimento che facilita il carico e il trasporto dei bagagli.
MOSCA BIANCA. A fine marzo 1981, un mese dopo il lancio della versione Diesel che regala alla 127 il primato di auto con il motore a gasolio più piccolo al mondo, la gamma dell’utilitaria torinese si rinnova con le versioni Special e Super, migliorate nella carrozzeria e disponibili con motori 900 cc o 1050 cc. Il restyling viene esteso anche alla Sport, costruita soltanto per pochi mesi. La meccanica resta invariata, mentre l’esterno riceve lievi aggiornamenti, tra cui la scomparsa ai lati del cofano della scritta ‘127 Sport’, sostituita da una fascia adesiva applicata sulla parte bassa delle fiancate.
PIÙ PLASTICA E PIÙ CAVALLI. L’ultima versione della 127 Sport viene allestita sulla base della terza serie, lanciata nel 1981 e caratterizzata, secondo la moda degli anni ’80, da una massiccia presenza di rivestimenti in plastica. Sotto il cofano viene installato il motore ‘127 A 3000’ di 1301 cc, ottenuto aumentando la corsa da 57,8 a 71,5 millimetri. Abbinato a un cambio a cinque marce, la cui presenza è sottolineata dalla scritta ‘Sport 5 speed’ sul portellone, è meno nervoso e più adatto ai lunghi trasferimenti rispetto all’unità di 1050 cc.
Pio Manzù era il più promettente designer della scuola di Ulm, Hochschule fur Gestaltung, dove nacque il rasoio elettrico Braun, la pistola del distributore di carburante, le tazzine da caffè impilabili e la ruspa snodata per aumentare la manovrabilita.
La sua 127, che non riuscì a presentare alla dirigenza Fiat, ha linee ancora attuali, basta una rivisitazione estetica e dimensionale ed il successo è assicurato.
Pio non la vide mai, nel maggio del 1969 rimase vittima di un inncidente stradale sulla “Torino-Milano” con la 500.
Il design della 127 è caratteristico della scuola di Ulm, inconfondibile nella sua assoluta semplicità, presenta volumi nitidi ma anche emozionanti con quella curva lungo la fiancata e conserva grandi potenzialità, lo dimostra il ridisegno della Fiat 127 concept di David Obendorfer.
Giorgetto Giugiaro si ispirò al design della 127 con il Suo capolavoro: la Golf mk1.
Ricordiamoci di Pio Manzù, protagonista internazionale di una fulminea, intensissima stagione creativa nel corso della quale ha anticipando temi e forme che hanno segnato per sempre il design.
Ricordiamoci della sua visione aperta e dialettica, sempre proiettata ad esplorare le possibili evoluzioni del progetto, un designer di base funzionalista, ma nei pochi anni di lavoro, estremamente innovativo nelle evoluzioni e trasformazioni del progetto auto.
Lo dimostra il suo lavoro ed i suoi studi conservati presso la Fondazione Centro Studi e Archivio che porta il suo nome.
“Noi abbiamo sempre sostenuto il significato di “oggetto d’uso” come proprio dell’auto. Sul piano della ricerca metodologica, anzi, l’auto va considerata come un qualsiasi altro prodotto: è un tema di design come lo può essere un trattore o una casa prefabbricata. Non esiste alcuna ragione per cui l’auto debba essere considerata un oggetto a sè e tanto meno un’esclusiva di un ristretto numero di iniziati.”
Pio Manzù