#bigwednesday: Colin Chapman
Colin Chapman è stato uno tra i più influenti ingegneri e innovatori dell’automobilismo moderno: mr. less is more, ha fondato la Lotus. Negli anni ’60 e ’70 il suo ingegno applicato alle auto da competizione s’è rivelato vincente: tanto nei campionati minori, tanto nella classe regina dove il team Lotus – da lui stesso diretto dalla fine degli Anni ’50 fino all’anno della sua morte (1982) – divenne una delle scuderie più vittoriose fino a quel momento. Sotto la sua supervisione hanno preso forma idee ancora oggi alla base delle competizioni moderne: dal motore in posizione centrale-posteriore, allo studio scientifico della riduzione del peso per migliorare le prestazioni, passando per la realizzazione di telai senza tubi ma realizzati con elementi in lamiera di alluminio piegata e rivettata. Ancora: la monoscocca, le minigonne per il controllo del flusso sottostante la monoposto o i concetti aerodinamici di deportanza ed effetto suolo. Tutti aspetti riconducibili all’estro del team inglese e del suo fondatore.
GLI INIZI. Colin Chapman, all’anagrafe Anthony Colin Bruce, nasce il 19 maggio 1928 a Richmond da una famiglia benestante. Alla fine degli Anni ’40 – mentre studia ingegneria strutturale nel prestigioso University College di Londra – decide di competere in alcune corse trial locali; per farlo progetta la sua prima automobile sulla base di un Austin 7, la Mark I. Alcuni dicono che già in quella prima occasione, in segno di buon auspicio, il giovane Chapman cominci a usare il nome Lotus per la sua vettura, in onore della sua fidanzata (poi moglie) Hazel che lui soprannominava appunto fiore di loto. Intanto, nel 1948 studia per diventare pilota di aerei e decide di servire il suo paese nella RAF (Royal Air Force) salvo poi congedarsi – all’inizio del 1949 – per conseguire la laurea all’UCL; è grazie a quel titolo che ottiene subito il ruolo di ingegnere sviluppatore presso la British Aluminium Company. L’esperienza e lo studio delle tecniche d’ingegneria aeronautica si rivelarono molto importanti per il suo futuro. Infatti, quando tornò alla vita civile e riprese la sua attività agonistica da pilota, cominciò ad affiancare al ruolo di pilota anche quello di progettista. Con i premi ottenuti nelle corse, nel 1950 elaborò altre versioni della sua Lotus, la Mark II e la Lotus VI che guidò fino al 1952; anno nel quale Chapman decise di dedicarsi a tempo pieno a quella che diventerà la Lotus Engineering Co. Ltd per la produzione e la vendita di vetture e kit d’elaborazione per le auto.
LIGHT IS RIGHT. La fondazione della Lotus coincide con la produzione della sua prima auto di serie, vendibile anche come kit da competizione. Stiamo parlando della Lotus Mk IV spider, una vettura dotata di un rivoluzionario telaio tubolare unito a una carrozzeria in alluminio. Una base di partenza su cui si svilupparono nuove soluzioni e si iniziò a esplorare il mondo delle competizioni. Nel 1956, dopo la nascita dell’Eleven pone fine alla sua carriera agonistica per dedicarsi esclusivamente all’aspetto tecnico delle competizioni. Nel 1957 arriva la Seven, una svolta. È una roadster rivoluzionaria che sintetizza perfettamente la filosofia di Chapman: ottenere grandissime prestazioni con poca potenza grazie al peso minimo della vettura. Una filosofia sintetizzata dallo slogan Light is Right!, ovvero la leggerezza come approccio fondamentale per migliorare le potenza finale del mezzo. Aspetto che permetteva alle vetture Lotus da corsa di essere competitive in gara, anche contro le più potenti Ferrari e Maserati nonostante i motori più piccoli (e più economici da gestire), ma infilati nella posizione giusta: quella centrale-posteriore.
LA LOTUS SBARCA IN F1. La Lotus nel 1958 è ormai matura e dopo aver gareggiato in diversi campionati, Colin Chapman decide che è il momento di debuttare in Formula 1. L’esordio del Team Lotus avviene con la monoposto Lotus 12 al GP di Monaco del 1958, con i piloti esordienti Cliff Allison e il suo meccanico Graham Hill. Secondo la stessa filosofia anche le monoposto di F1 di Chapman sono piccole, leggere e soprattutto – nonostante i problemi di affidabilità delle prime vetture – dotate di soluzioni rivoluzionarie. Basti pensare alle sospensioni posteriori con la famosa Chapman strut, al cambio studiato in modo da poter eliminare il tunnel di trasmissione e all’impiego di materiali di nuova concezione e più leggeri come il magnesio; soluzioni che, opportunamente riviste nel corso delle stagioni successive, permisero al team brittannico di ottenere le prime soddisfazioni a soli due anni dal debutto.
AFFERMAZIONE MONDIALE. Nel 1960, al GP di Monaco, Stirling Moss porta alla vittoria la Lotus del Team Rob Walker e poi di nuovo una seconda volta a Riverside, mentre John Surtees e Jim Clark conquistano rispettivamente un secondo posto in Inghilterra e un terzo posto in Portogallo, permettendo alla scuderia Lotus di chiudere seconda nella classifica costruttori. Con Jim Clark alla guida, la Lotus scrisse nella storia un vincente sodalizio avrebbe portato Chapman e la Lotus nell’olimpo della Formula 1. Nella stagione del 1963 infatti con la Lotus 25 – una vettura costruita su misura da Chapman per Jim Clark, il Team Lotus fu indomabile e vinse il suo primo Campionato mondiale di F1 con sette vittorie su dieci gran premi. L’impresa fu ripetuta di nuovo nel 1965, anno nella quale Big Jim (così era soprannominato il pilota britannico) si aggiudicò anche la 500 Miglia di Indianapolis del 1965 con una Lotus 38, la prima vettura a motore centrale ad avere successo nella competizione statunitense.
I SUCCESSI E QUALCHE OMBRA. L’epilogo del sodalizio vittorioso tra Clark e Chapman sembrò potersi ripetere un’ennesima volta nel 1968 con la Lotus 49, spinta dal nuovo motore Ford Cosworth DFV; ma Clark mancò il 7 aprile 1968 a Hockenheim mentre correva in Formula 2. Nonostante il trauma di Chapman per la scomparsa dell’amico (e pilota), le vittorie del Lotus Team non cessarono. Quell’anno il mondiale fu infatti conquistato dall’altro grande campione della scuderia inglese, Graham Hill. Nel corso degli anni Chapman ebbe tra le mani altri talentuosi piloti che spinsero le sue monoposto sempre nella parte alta della classifica: prima l’austriaco Jochen Rindt, che si aggiudicò il titolo del 1970 postumo, data la sua prematura scomparsa per un incidente avvenuto a Monza. I successi Lotus continuarono poi grazie al talento del pilota brasiliano Emerson Fittipaldi, che vinse entrambi i titoli nel 1972 e conquistò quello costruttori nel 1973 con il compagno di scuderia Ronnie Peterson alla guida della Lotus 72. Dopo una parentesi (1974-1977) in cui le monoposto di Chapman rimasero a bocca asciutta, con la collaborazione di Mario Andretti (già pilota del team nella stagioni 1976 e 1977) venne sviluppata la Lotus 79 con cui Champan conquistò il suo ultimo doppio colpo iridato nel 1978, anno in cui si trovò nuovamente nell’occhio del ciclone per la sua presunta responsabilità nei fatti che portarono alla morte di Peterson.
INNOVAZIONE CONTINUA. In vent’anni alla guida del Team Lotus, a Colin Chapman vanno attribuiti i meriti di grandi intuizioni tecniche poi divenute ‘standard’ della Formula 1: sperimentazione dei materiali compositi in lega leggera, l’invenzione del telaio monoscocca della Lotus 25, il motore con funzione portante della Lotus 49, i radiatori laterali della Lotus 72; o il concetto dello sfruttamento dell’effetto suolo sulla Lotus 78 e 79. Il Team Lotus detiene poi anche alcuni record del tutto particolari come quello di essere la prima e unica squadra a portare sulla griglia di partenza della 500 Miglia di Indianapolis (1968) una vettura con propulsione a turbina e quattro ruote motrici, la Lotus 56, che dominò la gara fino a quando dovette ritirarsi per un guasto meccanico a pochi giri dal termine; da quel momento in poi la federazione automobilistica americana proibì per sempre l’uso di quella tecnica.
INGEGNERIA E MARKETING. Non bisogna poi dimenticare le abilità di Chapman nel ruolo di businessman: fu lui il primo ad avviare le sponsorizzazioni non più solo con aziende del campo automobilistico, ma con i brand esterni in cerca di visibilità tra le tappe del popolare mondiale di F1. Ed è grazie a una di queste collaborazioni che il marchio Gold Leaf della John Player arrivò per la prima volta una Lotus (la Lotus 49 del 1968) con la leggendaria livrea nero-oro del marchio in luogo della tradizionale livrea verde delle vetture inglesi. Colori e grafiche che inaugurarono le partenership tra i team e le industrie di tabacco degli anni ’70 e ’80 contribuendo, indirettamente, al il processo che avrebbe trasformato la Formula 1 da passatempo di ricchi signori a un incubatore tecnologico multimilionario.
UNA MORTE IMPROVVISA. Tra i rivoluzionari progetti di Chapman ci sono anche altre incredibili idee che per un motivo o per un altro, non ebbero molta fortuna di poter essere applicate, come il tentato sviluppo di una Lotus a 4 ruote motrici 1971, la fallimentare Lotus 80 della stagione 1979 senza alettoni o quel progetto del doppio telaio avanzata nel 1981, ma mai sperimentato in gara perché subito bandito dalla Commissione. I primi Anni ’80 rappresentano probabilmente l’inizio del declino Lotus: le stagioni 1980 e 1981 si rivelarono un completo disastro alle quali si aggiunsero dei problemi economici dovuti al crack dello sponsor petrolifero Essex. Nel 1982 ci fu l’ultimo sussulto della Lotus di Chapman con la vittoria di Elio De Angelis al gran premio d’Austria, vinto in volata sul futuro campione del mondo Keke Rosberg. Fu questa l’ultima vittoria a cui assistette il suo fondatore, scomparso per l’appunto il 16 dicembre di quello stesso anno stroncato all’improvviso da un infarto a soli 52 anni.
UNA GRANDE EREDITÀ. Sul decesso del geniale progettista si sono formulate diverse teorie appoggiate a quel tempo da strane coincidenze, dai problemi finanziari in cui versava la Lotus. Ma tant’è: Colin Chapman fu un tra le più importanti personalità del mondo del motorsport. La sua scomparsa non privò solo la sua Lotus di un leader carismatico, ma lasciò un vuoto anche nel mondo della Formula 1 che aveva sempre osservato con ammirazione il suo straordinario genio creativo. Oggi l’eredità del patron della Lotus si mantiene nel mito della sua creatura, la Lotus: piccola azienda autmobilistica che, nonostante sia passata diverse volte di mano e sia arrivata fino ai giorni nostri sotto la guida di una società cinese, mantiene inalterato l’inno alla leggerezza e alla sperimentazione, caro al suo fondatore. Domanda: senza “le soluzioni di Chapman, il mondo dell’automotive oggi non sarebbe lo stesso?”. Molto, molto probabile. (Testo: Andrea Casano)