Norton, le moto cool di un’azienda tribolata
La Norton Manufacturing Company cominciò la sua attività nel 1898 come fabbrica di componenti per bici, salvo poi produrre le prime biciclette motorizzate già dopo quattro anni. Il primo motore autoprodotto – da mezzo litro – arriva nel 1908. Tutto bene, ma già nel 1913 c’è il baratro del fallimento. L’azienda passa ai creditori e sopravvive alla Prima Guerra Mondiale grazie alle performance delle sue moto nate per le competizioni e poi adattate anche per il turismo, molto apprezzate. Nel frattempo, arriva anche il secondo conflitto mondiale e la salvezza è garantita dalle moto militari e per le forze di polizia.
ENTRA NELLA LEGGENDA CON LA DOMINATOR. L’ingresso nella hall of fame del motociclismo avviene nel 1948, quando la casa di Birmingham presenta la Dominator. È la moto che cambia il corso della storia, col motore bicilindrico parallelo e il telaio della sorella più corsaiola Manx, il famoso featherbed. Il ‘letto di piume’ è un’icona dell’ingegneria che oltre a lanciare la casa nell’empireo del motociclismo dà il via alle customizzazioni artigianali che spianarono la strada alla cultura cafè racer, quando quelli che ne sapevano prendevano lo spettacolare telaio Norton e lo accoppiavano al motore seiemmezzo della Triumph Bonneville, dando vita alle Triton. Da questi velocissimi e agilissimi Frankenstein nacque un fenomeno di costume e tante altre ne arrivarono: Tribsa (telaio BSA, motore Triumph), Norvin (telaio Norton e motore Vincent) e così via.
LA REGINA DEL TOURIST TROPHY. La Norton è anche la prima moto a sbancare l’Isola di Man; le competizioni infatti sono sempre state il pallino del marchio, nonostante i tanti momenti di difficoltà sul fronte finanziario. Negli Anni ’20 e ’30 il dominio al TT è stato quasi assoluto. Supremazia che andò avanti anche nel dopoguerra, con l’arrivo della Manx, dominatrice della corsa tra il 1947 e il 1954 e vincitrice di Campionati del Mondo 1951 e 1952.
TANTI CAMBI DI PADRONE. I successi non bastano però a far quadrare i conti lungo la storia del marchio e a fine Anni ’50 Norton entra in Associated Motor Cycles, che già raggruppava i marchi AJS, Matchless, Francis-Barnett e James. Tanti cambiamenti, tra cui la chiusura della storica fabbrica di Birmingham, e il lancio della Atlas, la 750 cc passata alla storia per tanto per le prestazioni che per le vibrazioni del motore. Non passano nemmeno cinque anni e anche questa nuova casa scricchiola, Norton passa di mano ancora ma non molla sul fronte dell’innovazione, con la nuova Commando che fa esordire sul mercato un sistema innovativo di silent block per ridurre le vibrazioni. Il nuovo corso si completa con l’acquisizione del gruppo BSA e la creazione della Norton-Villiers-Triumph, una specie di ‘Lega della Giustizia’ finanziata dallo stato che raggruppava tutti i marchi-supereroi del motociclismo britannico dell’epoca. È il 1973, anno in cui vede la luce anche la Commando 850 cc; non dura nemmeno questa volta, tre anni dopo è già dissesto. Norton però riesce a continuare a produrre e tira fuori una chicca: un motore bi-rotore Wankel, che si fece voler bene sia al TT che dalle forze di polizia. Un propulsore più che vincente, che venne migliorato per due decenni fino al sipario, la chiusura dell’azienda nel 1992 proprio nell’anno di uno strepitoso successo al TT Senior davanti alla Yamaha di un certo Carl Fogarty.
LA RINASCITA MODERNA. Più di 15 anni di oblio e guerre tra avvocati, fino all’ennesima rinascita della fenice nel 2008, con uno stabilimento dentro al circuito di Donington da cui due anni dopo esce la Commando 961, esteticamente affine alla progenitrice ma sotto-sotto modernissima. Negli anni si allarga la gamma e arrivano altri modelli, la Dominator ripesca tra i nomi dei tempi d’oro (e finisce pure in un film di 007) mentre la supersportiva V4 è una novità assoluta (e per un breve periodo monterà un motore Aprilia). Moto modernissime e votate alle prestazioni, che ai saloni hanno fatto il pieno di complimenti ma commercialmente non hanno mai sfondano, soprattutto a causa di un prezzo di attacco molto più alto (oltre 20mila euro per la Commando). Il risultato è che a fine 2019 la casa va nuovamente in crisi e il proprietario Stuart Garner dichiara la bancarotta.
IL SALVATAGGIO DALL’INDIA. Il marchio però è duro a morire e proprio nel mezzo della pandemia, l’indiana TVS mette sul piatto 16 milioni di sterline in contanti e compra tutto, con l’obiettivo di non spostare nulla dal Regno Unito e di tornare quanto prima alle corse. Più che di un lieto fine si tratta di un buon inizio, un sospiro di sollievo per tutti i fan del marchio. Non stupisce poi che la ciambella di salvataggio arrivi proprio dall’India, che ha già dimostrato forte interesse per i marchi motociclistici made in UK con acquisizioni (Eicher Motors/Royal Enfield, Mahindra/BSA) e partnership globali (Triumph/Bajaj). (Testo: Cesare Sasso)
A Norton si deve molto.
Il bicilindrico parallelo Norton fu ed è una scelta motociclistica vantaggiosa.
Da anni viene impiegato in motociclette sportive leggere, strette e profilate con quote longitudinali analoghe al monocilindrico.
Il più sportivo fu il mitico Norton Domiracer di Doug Hele, un Manx bicilindrico parallelo di poco più profondo, trasversalmente, della monocilindrica che apparve nel 1961 al Senior TT.
Il Norton Domiracer, leggero e compatto, fu l’esempio paradigmatico che portò al Norton Commando, alla Triumph Bonneville, alla Laverda 750 SFC, al Rotax della BMW 800/904 e al KTM 790 Duke con l’impiego di sistemi ausiliari di equilibratura per mitigare le vibrazioni di primo e second’ordine.
Il “parallelo” economico e leggero, rispetto ai V2, dissipa meno energia grazie all’unica linea di distribuzione.
Oggi, manca solo una cosa: il turbocompressore.
Forse con la nuova proprietà indiana TVS, vedremo un Norton Domiracer turbocharger, finalmente sportivo come l’originale del TT Senior del ‘61 di Doug Hele.