I mostri della velocità: gli anni ’60
Quando si pensa ad auto ‘mostruose’ – in termini di prestazioni – generalmente s’approda a due capitoli ben definiti: uno è quello degli Anni ’80 e ’90, incarnazione del puro eccesso, con le Formula 1 dai motori sovralimentati, le vetture Gruppo B nei rally e tutta una folta schiera di supercar più o meno esotiche varie ed eventuali; l’altro è quello delle hypercar prodotte nell’ultimo ventennio, pinnacolo estremo di tecnologia e ultima estremizzazione del concetto di supercar stessa con potenze nell’ordine dei 1000 cavalli. Senza nulla togliere ai due capitoli appena menzionati – che non nascondiamo essere, inevitabilmente, tra i nostri prediletti – abbiamo deciso di fare mente locale e viaggiare a ritroso nel tempo, ricordando le monster car più temibili e significative del passato. Tre per ogni decennio, tutte rigorosamente stradali.
Certo, i dati riguardanti cavalleria e velocità massima in alcuni casi potrebbero oggi non impressionare più di tanto, ma ricordiamoci sempre che una volta abs, controlli di trazione, freni carboceramici, carrozzerie studiate per proteggere – realmente – tutti gli occupanti e quant’altro non apparivano nemmeno nei sogni del più edulcorato progettista. La seconda puntata di Monsters of speed prosegue con gli anni Sessanta, decennio in cui le supercar iniziano a fare davvero sul serio e raggiungono – ma in alcuni casi superano – il muro dei 300 km/h.
FERRARI 250 GTO (1962) e 500 SUPERFAST (1964). Con un tremila V12 da 300 cavalli e un peso a secco di 880 kg, la GTO del 1962 è stata la vettura da battere su ogni campo di gara per un intero triennio. La Ferrari più celebre della storia marciava spesso su strada pubblica, ma era indiscutibilmente una vettura nata ed utilizzata per le competizioni – a esclusione dell’esemplare di Michel Paul-Cavallier, unico a non aver mai corso. Il Cavallino Rampante più potente del tempo e realmente stradale, però, era un altro. Stiamo parlando della 500 Superfast che, grazie al suo 5 litri V12 da 400 cavalli e al tripudio di lussuosa pelle all’interno, era un vero e proprio salottino biposto da lanciare fino a 280 km/h. Costava il doppio esatto di una Rolls-Royce.
AC SHELBY COBRA 427 S/C (1965). La Cobra è tutt’ora una delle roadster più estreme mai prodotte. Aveva il doppio passaporto, perché univa l’agilità dei telai inglesi alla potenza dei propulsori americani. Brutale e violenta nelle reazioni, da guidare tutta di braccia e piede destro. La versione S/C (Semi Competition), prodotta in 31 esemplari e riconoscibile dalla presa d’aria in prossimità del parabrezza, montava un 7000 – 427 pollici cubici – V8 da 431 cavalli e 651 Nm di coppia. Grazie al peso di 1035 kg copriva lo 0-100 km/h in soli 4″3 e raggiungeva una velocità massima di oltre 260 km/h.
FORD GT40 MK II (1966). Anche grazie al film Le Mans ’66, la sua genesi la conosciamo bene: era nata negli States per battere le vetture di Maranello alla 24 Ore di La Sarthe. La seconda versione della prima vera supercar d’America dispone di un V8 settemila – che poi è lo stesso della Cobra 427 S/C – capace di erogare ben 495 cavalli. Considerando il peso piuma di circa 1000 kg, si capisce presto che le prestazioni della GT40 Mk II sono straordinarie. Quanto? Oltre 320 km/h di velocità massima e accelerazione da fermo a 100 km/h sotto i quattro secondi. E siamo nel 1966. La GT40 Mk II – così come la Mk I – era nate per le corse, ma spesso alcuni esemplari venivano utilizzate su strada; e anche quando, nel 1968, arrivò la Mk III – versione depotenziata, creata unicamente per essere guidata tutti i giorni – i clienti continuarono a preferire le ben più potenti e ‘fameliche’ versioni precedenti
Confesso, ho un debole per quella vettura sportiva che ha il serpente come emblema.
Non mi riferisco al Biscione di Alfa Romeo, che serpente non è mai stato, in quanto ben più nobile Drago Visconteo, ma al serpente letale col cappuccio.
Il V8 Ford 427 Side Oiler della Cobra di Carrol Shelby è famoso dai tempi in cui bastonava con Innes Ireland, le Ferrari 250 GTO alla targa Florio.
Però la mia preferita non è neppure nominata nell’articolo: è e resta la Cobra Daytona Coupe disegnata da Pete Brock con la coda tronca di Kamm (come quella della Giulia Tubolare Zagato) e il meno potente Ford small-block V8.
Cobra sicuramente leggendaria la Daytona, anche perché vinse il campionato del mondo nel 1965 ai danni della Ferrari.
Le Cobra di Shelby hanno lasciato un segno indelebile, infatti vengono allestite ancora oggi da Factory Five a Wareham nel Massachusetts.
Factory Five realizza anche la spettacolare 818.
Anche nel garage della famiglia Schumacher c’è la Cobra Daytona Gen 3 Type 65 Coupé del campione del mondo. Quella a lui più cara.