Quando il cuore sportivo divenne ‘Cuor di Leone’
IL DTM DEL ’96. Si è sempre detto, no? Le Alfa Romeo sono tutte motore. E figurati se non ci sta, per un marchio che ha fatto del bialbero ‘per tutti’ il suo credo tecnico sin dai primi anni 50. Eppure, nella recente storia sportiva del marchio, nelle ultime pagine scritte in forma ufficiale negli anni 90, c’è un episodio sconosciuto ai più che mette in dubbio questo primato. Succede a metà del 1996, in quella che per l’Alfa Romeo 155 TI è la quarta e ultima stagione nel DTM, il campionato turismo tedesco. Il modello di per sé è modestissimo, derivato com’è, strutturalmente, dalla Fiat Tipo. Eppure, la Squadra Corse guidata dall’ingegner Sergio Limone l’ha trasformato in un vero mostro capace di far mangiare la polvere alle padrone di casa, tanto da vincere il campionato piloti nel 1993 sbaragliando Mercedes, Opel e BMW.
PER CONTINUARE A VOLARE. Dopo tre anni durante i quali il motore della 155 da corsa resta un derivato dal V6 Busso, quindi un motore cento per cento progettato e – per così dire – certificato Alfa Romeo, nel 1996 i tecnici valutano che l’apertura tra le bancate di 60°, peraltro la più diffusa tra i sei cilindri, non è la migliore per un fatto di distribuzione dei pesi e di allestimento della componentistica (dell’alimentazione, soprattutto) in mezzo alle bancate. Ci vorrebbe un V6 di 90°, che però l’Alfa non ha, e siccome il regolamento prevede che i motori derivino dalla serie, pare che non ci sia molto da sbizzarrirsi. Ma poi viene fuori una prima idea. Il regolamento del campionato fissa infatti due semplici parametri per determinare la parentela tra il motore da corsa e quello stradale: l’angolo tra le bancate e la distanza tra i cilindri. Tutto il resto può cambiare. E in casa l’Alfa Romeo ha un V8 a 90° che potrebbe essere in teoria tagliato a sei, quello della coupé Montreal di vent’anni prima. Basta poco, però, per scoprire che i cilindri sono troppo ravvicinati tra loro: per mantenerne l’interasse, non si potrebbe più aumentare l’alesaggio. Sfuma così l’ipotesi Montreal.
IL TRUCCO VINCENTE. Ma proprio qui Limone e la sua squadra estraggono il coniglio dal cilindro: siccome, con il passaggio al Gruppo Fiat nel 1987, l’Alfa Romeo aveva cessato di esistere come azienda autonoma confluendo nell’Alfa-Lancia Industriale, la Lancia (e quindi l’Alfa Romeo!) un V6 a 90° adatto allo scopo in realtà ce l’ha: è il PRV, un motore francese nato nel 1975 – la sigla sta per Peugeot, Renault, Volvo – che tra il 1984 e il 1992 aveva motorizzato anche alcune versioni della Thema. Ecco trovata l’alchimia perfetta che in appena quattro mesi permette a un motore nato – geometricamente parlando – come Peugeot di essere ‘alfizzato’, di raggiungere 490 cv (contro i 470 dell’ultima release del Busso) e di garantire alla 155 TI competitività fino all’ultimo appuntamento della stagione, vincendo sette gare su otto. Dopo di che la Fiat decide di abbandonare il campionato tedesco per far gareggiare la 156 nel Superturismo a partire dal 1997, e di quel motore un po’ Peugeot e un po’ Alfa si perde la memoria.