Le concept Audi ispirate alle Auto Union GP
Il 30 gennaio 1933 Hitler diventa Primo Ministro. Nasce il Terzo Reich e il delirio di onnipotenza del suo deus ex-machina travolge ogni singolo granello di Germania. Nel progetto del Führer ricade anche l’auto: il Paese deve essere ‘grande’ anche nelle quattro ruote. Sul finire degli Anni ’20 noi italiani siamo geni del settore: tecnologia, progettualità, design, carrozzeria, corse, piloti… Basti ricordare le vittorie alla 1000 Miglia e alla 24 Ore di Le Mans dell’Alfa Romeo a cavallo della decade. Nel ’31 nasce il Campionato Europeo Grand Prix, inizialmente lasciato al dominio del Biscione. Ma nel ’34 si aggiungono l’Auto Union e la Mercedes.
IL POTERE DEI QUATTRO ANELLI. Il 6 marzo 1934 l’Auto Union Tipo A esordisce in gara all’Avus. È il risultato del geniale progetto di Ferdinand Porsche, una mostruosa monoposto spinta da un motore 16 cilindri a V longitudinale in posizione centrale. Colpisce il design: frontale piccolo e coda lunga a dismisura. La successiva Tipo B risolve i peccati di gioventù della Tipo A e la Tipo C da sei litri e 520 cavalli diventa Campionessa europea nel ‘36. La Tipo D, solo per sommi capi affidata al Prof. Porsche, non brilla nella stagione ’38 (orfana di Bernd Rosemeyer tragicamente perito durante un tentativo di record), e nel ’39 ogni attività viene bruscamente interrotta dagli eventi.
REGINA DELL’ALLUMINIO. Con la guerra le Auto Union spariscono portandosi appresso l’euforia tedesca. Ripresa la vita, l’Audi comincia una lenta e operosa ricrescita. Mercedes, BMW e Porsche si prendono gli onori in campo sportivo e della ricerca. Ma all’inizio degli Anni ’90 il brand dei Quattro Anelli mette in cantiere un coup de théâtre contro i principali concorrenti nazionali (e, perciò, contro la concorrenza globale). L’Avus Quattro è uno strumento necessario all’Audi per avere i riflettori puntati sulla sua bravura con l’alluminio. Poiché questo metallo sta per diventare fondamentale per le scocche delle Audi (l’Aluminum Space Frame che esordisce nel ’94 sulla A8) è necessaria un’overture che calamiti l’attenzione. L’Avus Quattro è una straordinaria coupé a motore centrale con telaio e carrozzeria in alluminio (la ‘pelle esterna’ è formata da sottili fogli dello spessore di 1,5 mm). Il design toglie il respiro: un’impressionante rivisitazione in chiave moderna delle forme di un’Auto Union da corsa: frontale minimale ed esagerato sviluppo del posteriore.
TRE MOTORI DA QUATTRO CILINDRI. Lo stesso dicasi per motore e trasmissione: il primo è un poderoso dodici cilindri a W ottenuto dall’unione di tre unità a quattro; quest’unità motrice in quel momento è ancora in progettazione e diventerà disponibile a listino solo nel 2001 sull’A8. la seconda è la collaudata trazione quattro con tre differenziali e ruote sterzanti pure posteriori. L’Audi Avus quattro esordisce in pubblico al Salone di Tokio del 1991 dichiarando sulla carta 509 cavalli, 340 km/h di velocità massima e solo tre secondi sullo scatto da 0 a 100 km/h.
DEDICATA AL NEBEL MEISTER. Nel 2000 Audi ritorna in vetta alla nicchia dei mega prototipi con un nuovo concept ispirato alle maestose Auto Union: la Rosemeyer rievoca ancora la possanza di quei missili. Ha un design lungo, sinuoso, modellato dal vento ma senza ali e con un piccolo cupolino che percorre la carrozzeria. Non solo. Crea un pizzico di continuità con il progetto P52 di metà Anni 30 rimasto allo stadio di disegno: un’Auto Union hypercar stradale con 5 posti centrali, V16, 200 cavalli e 200 km/h. Il motore è un gigantesco 16 cilindri centrale-posteriore di 8 litri da 700 cavalli con quattro ruote motrici. Il design richiama ancora le mitiche Tipo A-B-C-D: un musetto piccolo-piccolo e un posteriore lungo quanto un transatlantico. Anche in questo caso il progetto non ha séguito per ragioni di costi ma un atomo di questo strabiliante mostro continua a vivere, oggi, nell’Audi R8 stradale.