Lamborghini Countach: Io sono leggenda
Ancora oggi ha dell’incredibile, ma la leggenda della supercar di Sant’Agata Bolognese tutta piani e spigoli che, all’alba degli anni Settanta, si preparava a raccogliere il testimone della Miura, coincide con un’esclamazione in dialetto piemontese pronunciata da un addetto alle serrature della Bertone in una delle interminabili notti di lavoro sul prototipo: Countach!
PERBACCO! “Letteralmente significa peste o contagio – ha spiegato qualche tempo fa sul sito internet della Lamborghini il designer torinese Marcello Gandini, all’epoca capo dello stile della Bertone – ma in realtà viene usata come espressione di stupore o anche ammirazione, come perbacco!”. Su suggerimento di un suo giovane collaboratore, è lo stesso Gandini a proporre quel modo di dire dialettale – dettato dalla necessità di fare squadra e di allentare la tensione di quelle notti così concitate in officina – come nome per la nuova nata sotto il segno del Toro. In ultimo, viene chiesto un parere anche a Bob Wallace, ingegnere e collaudatore neozalendese di lungo corso in Lamborghini, che pronunciando Countach all’inglese mette d’accordo tutti. Da lì alla realizzazione della targhetta è un attimo. E la Countach è già leggenda: ecco perché quest’auto spettacolare sarà la protagonista del nostro quarto film.
NATA IN TEMPO DI CRISI. Alla fine dell’inverno del 1971, con il Salone di Ginevra alle porte, sul fatto che la nuova Lamborghini lascerà a bocca aperta i facoltosi clienti della casa del Toro e gli addetti ai lavori ci sono pochissimi dubbi. Se con la Miura, appena cinque anni prima, la fabbrica di Sant’Agata Bolognese ha dimostrato al mondo intero di saper fare – e molto bene – non solo i trattori ma anche le automobili, con la Countach Ferruccio Lamborghini alza la posta in palio. A partire dalla metà degli Anni ’60 le Lamborghini sono le auto preferite dalle celebrità: la Miura e la Espada, con le loro forme sensuali e i loro potenti motori a dodici cilindri, sono l’oggetto del desiderio del jet set internazionale in fatto di automobili e fanno sognare anche chi non può permettersele. A interrompere la favola della Lamborghini è la stagione dell’autunno caldo: dopo le proteste degli studenti, nel 1969 a scendere in piazza sono gli operai. Le forti tensioni sociali mettono con le spalle al muro le fabbriche italiane, compresa quella di Sant’Agata Bolognese, dove gli scioperi si fanno via via più frequenti. La crisi più profonda, paradossalmente, non colpisce la giovanissima divisione automobili – nata nel 1963 e finanziariamente autonoma grazie al successo commerciale della Miura – ma il comparto dei trattori. Così nel 1971, mentre il prototipo della sua Countach conquista le luci della ribalta e sconvolge il mondo dell’auto con le sue forme mozzafiato (nella foto l’esemplare verde di LP 500 Prototipo conservato nel museo Lamborghini di Sant’Agata Bolognese, ndr) Ferruccio Lamborghini si trova costretto a cedere il 51 per cento della sua fabbrica di automobili all’imprenditore svizzero Georges-Henri Rossetti.
QUEL GRAN GENIO DI GANDINI. Il telaio della Countach progettato dall’ingegner Paolo Stanzani, un traliccio di tubi sottilissimi che abbraccia l’intera struttura dell’abitacolo, è un autentico capolavoro. Ispirato a quello delle Maserati Birdcage degli Anni ’50 e ’60, è al pari della carrozzeria – che Gandini realizza con fantasia illimitata a contatto di gomito con Stanzani – il nuovo manifesto dell’audacia Lamborghini. La nuova supersportiva del Toro scardina ogni dogma in materia. Esattamente come per la sua illustre progenitrice, anche per la Countach è difficile individuare una vera rivale. Se con il suo grosso motore alloggiato in posizione posteriore la Miura aveva, in un certo senso, fatto ricredere Enzo Ferrari sulla regola secondo cui “i cavalli vanno sempre messi a tirare il carretto, mai a spingerlo”, la Countach non è da meno e stravolge completamente il modo di concepire una supersportiva. È un bolide che sembra atterrato da un altro pianeta, un cuneo affilato fatto di piani e spigoli che promette, anche e soprattutto attraverso un linguaggio formale destinato a creare un prima e un dopo nella storia del car design, di superare la soglia dei 300 all’ora. Il colpo di genio di Gandini è l’innovativo e scenografico sistema di apertura delle portiere. Si muovono a forbice, in alto e in avanti, una soluzione mai vista prima che fa invecchiare di colpo persino i sistemi all’epoca in uso sulle più evolute auto da corsa.
DAL PROTOTIPO ALLA LP 400. Tra la prima apparizione al Salone di Ginevra del 1971 e quella definitiva del 1973, sempre sotto i riflettori della kermesse ginevrina, cambiano pochi, ma significativi dettagli: sulle fiancate compaiono due grandi prese d’aria Naca, cui si aggiungono quelle a periscopio sopra i passaruota posteriori. Mentre Lamborghini cede il restante 49 per cento della sua fabbrica-gioiello a un altro imprenditore svizzero, René Leimer, amico peraltro di Rossetti, gli ordini della nuova vettura arrivano copiosi. Tra il 1974 e il 1978 dai cancelli di Sant’Agata Bolognese escono 151 Countach LP 400. La sigla indica la disposizione e la collocazione del motore V12, longitudinale posteriore, e la sua cilindrata, 4 litri. È la stessa, collaudata unità della Miura, che alla fine vince lo spareggio con il potente, ma fuori budget per le finanze degli svizzeri, cinque litri pensato in origine. Nemmeno lo shock petrolifero del 1973 riesce a spegnere gli entusiasmi per la nuova Lamborghini. E se è vero che in Italia e in Europa se ne vendono poche, il resto del mondo non vede l’ora di metterci le mani sopra. A cominciare dalle regioni più ricche del Medio Oriente, che l’impennata dei prezzi del petrolio seguita alla crisi dello Yom Kippur ha dotato di risorse finanziarie pressoché illimitate.
SULL’ORLO DEL FALLIMENTO. La Countach, realizzata per sostituire una Miura ancora bellissima, ma che stava invecchiando precocemente, si ritrova nel volgere di un solo anno a rivestire un ruolo di importanza fondamentale per la sopravvivenza stessa della Lamborghini. La gestione di Rossetti e Leimer, che non hanno mai capito fino in fondo i sottili equilibri che regolavano il funzionamento di una fabbrica così giovane e complessa, riavvicina lo spettro della crisi. Dopo il flop commerciale della Urraco, una sportiva ‘economica’ pensata per affrontare l’austerity che per svariate ragioni non entrerà mai nel cuore degli appassionati, la casa del Toro crolla sotto i colpi della Cheetah, un veicolo militare sviluppato sfruttando l’ingente finanziamento anticipato che la BMW nel frattempo aveva concesso alla Lamborghini per lo sviluppo della M1. Una decisione ancora oggi inspiegabile, che porterà alla rescissione immediata del ricco contratto con la casa bavarese e all’addio di due perni della fabbrica come Paolo Stanzani e Bob Wallace. A tenere in piedi l’azienda, della vecchia guardia resta il solo Ubaldo Sgarzi, caposaldo commerciale che, preso atto della decisione della proprietà di interrompere la produzione dei modelli a motore anteriore, non può far altro che puntare tutto sulla Countach LP 400 e sulla versione S, realizzata con la collaborazione di Walter Wolf e caratterizzata da passaruota allargati e pneumatici ribassati. In un momento così buio, oltre alle tinte accese delle Coutach che continuano a uscire dai cancelli della fabbrica, l’unica nota di colore è rappresentata dall’arrivo di Valentino Balboni, un uomo destinato a diventare una bandiera Lamborghini per decenni.
LA RINASCITA. Ma la Countach, da sola, non basta a saturare la capacità produttiva di Sant’Agata Bolognese. Nel 1978 la Lamborghini targata Rossini-Leimer fallisce e il Tribunale di Bologna mette la società in amministrazione controllata. Dopo alcuni corteggiamenti da parte di personaggi che agli occhi del commissario Alessandro Artese, uno dei commercialisti più stimati di Bologna, sembrano tutto fuorché affidabili, a farsi avanti sono i ricchi fratelli francesi Jean-Claude e Patrick Mimran, proprietari tra l’altro di alcuni impianti per la lavorazione dello zucchero in Senegal. Già appassionati clienti del marchio, hanno le idee chiare sul rilancio della fabbrica e, cosa ancor più importante, dispongono dei tre miliardi di lire richiesti dal tribunale per garantire la proprietà dell’azienda e dei suoi componenti.
ESAME DI MATURITÀ. La rinascita, affidata al nuovo amministratore delegato Emile Novaro, manager di polso e conoscenza di lunga data dei Mimran, passa anche per l’assunzione dell’ingegner Giulio Alfieri, che arriva dalla Maserati e a cui viene assegnato il piano di rinnovamento dell’intera gamma. Grazie ad Alfieri e ai suoi tecnici, la Countach conosce un’importante evoluzione. Nel marzo del 1982 sulla LP 500 S il motore viene portato finalmente a 4750 cm³ (375 cv a 7000 giri/min.), mentre nel 1985 debutta la versione con distribuzione a quattro valvole per cilindro (5167 cm³, 455 cv a 7000 giri/min.). La Quattrovalvole è affidabile, supera agevolmente i 300 km/h e, specialmente nella configurazione priva del vistoso alettone posteriore, è molto più stabile rispetto al passato: in poche parole, è la Countach della maturità. I miglioramenti apportati sulle vetture dai tecnici di Sant’Agata si riflettono anche sulle vendite: basti pensare che in meno di tre anni sono 321 le LP 500 S consegnate, ben 84 unità in più rispetto alle LP 400 vendute nei primi quattro anni di produzione.
NEL SEGNO DELLA CHRYSLER. Tra il 1986 e il 1987, mentre parte il progetto 132 – il modello che dovrà sostituire la Countach – anche per i fratelli Mimran l’avventura al timone della Lamborghini sembra avviarsi al capolinea. Nonostante una gestione che aveva riportato nei reparti della fabbrica l’entusiasmo dei bei tempi e, a un certo punto, persino il segno più nel bilancio, i francesi intuiscono che senza l’appoggio di un grande costruttore non è più possibile andare avanti. La notizia che nessuno avrebbe voluto ricevere, ma che in molti ormai si aspettavano, arriva il 23 aprile del 1987, nel bel mezzo dello sviluppo della nuova vettura: i Mimran hanno venduto la Lamborghini alla Chrysler International, una branca del colosso di Detroit che, dopo anni difficili, è tornato sulla cresta dell’onda grazie a un’eccellente squadra di dirigenti capitanata dall’italo-americano Lee Iacocca.
IL CANTO DEL CIGNO. Il piano d’espansione degli americani promette numeri da capogiro: cinquecento unità all’anno per la nuova supercar e il progetto di una baby-Lamborghini da costruirsi in 2500 esemplari che – nessuno ne fa mistero – punta dritta ai clienti della Ferrari 328. Un disegno fin troppo ambizioso che finisce inevitabilmente col creare confusione nella componente italiana della piccola Lamborghini, peraltro frustrata dalle continue ingerenze dei designer americani, che vorrebbero avere più voce in capitolo nel progetto 132. Proprio quando tutto potrebbe andare a gonfie vele, in un periodo di speculazione sulle supercar senza precedenti, appare chiaro che la nuova vettura uscirà con almeno due anni di ritardo. Un’occasione sprecata e colta soltanto in parte dalla Countach Anniversary (quella nera, in foto; ringraziamo il collezionista Alfredo Stola, ndr), versione speciale lanciata nel 1988 per festeggiare i primi venticinque anni della casa del Toro.
Complimenti per il video/articolo, emozionante come sempre…..
Ma vi prego, vi scongiuro…. quando scrivete :
“A partire dalla metà degli Anni ’60 le Lamborghini sono le auto preferite dalle celebrità: la Miura e la Espada, con le loro forme sensuali……”
Potete inserire anche la mitica “Islero” tra le due succitate glorie ??
E’ un posto che le compete e si merita, la dimenticata creatura assemblata dal Marazzi….. (si provi a trovarne una oggi e comprarla !!)
Saluti