Guidare sulle ruote dietro: ecco la Cheetah
La Cheetah gode di una reputazione insolita all’interno del panorama automobilistico a stelle e strisce: è più famosa per i traguardi che avrebbe potuto tagliare piuttosto che per quelli che ha effettivamente raggiunto. Sviluppata da Bill Thomas e Don Edmunds appositamente per battere le mitiche Cobra di Carroll Shelby, questo mezzo incredibile viene prodotto solo per un triennio, dal 1963 al 1966. Thomas, prima di fondare la Bill Thomas Race Cars nel 1960, aveva lavorato come preparatore alla Chevrolet dedicandosi alla preparazione di Corvette da corsa e prendendo parte ad altri interessanti progetti di carattere sportivo voluti dal marchio. Un bel giorno però decide di realizzare la sua vettura e, appoggiato da Vince Peggins di General Motors Performance Product Group, da forma a un primo prototipo con carrozzeria in alluminio. Il concetto di vettura a motore anteriore/centrale e trazione posteriore viene estremizzato: la linea della Cheetah – ghepardo in inglese – è caratterizzata da un cofano lunghissimo e filante, un abitacolo di dimensioni davvero esigue, un interasse ridottissimo, una coda tondeggiante e molto corta. Grazie alle conoscenze di Thomas in Chevrolet arrivano presto parecchie componenti: motore Corvette 327, trasmissione Muncie e assale posteriore. Altri componenti arrivano dalla General Motors, come ad esempio i freni a tamburo posteriori che montano le NASCAR di famiglia.
ALMENO 11, MENO DI 30. Il leggero telaio tubolare in acciaio al cromo-molibdeno imprigiona il mostruoso V8 di 5.3 litri in grado di sfoderare 450 cavalli, anche se c’è chi sostiene potesse spingersi fino ai 520. Una potenza enorme, specie se si considera il peso complessivo della Cheetah che è di soli 680 chilogrammi: un rapporto peso/potenza da brivido. La carrozzeria in alluminio del primo prototipo viene utilizzata per creare una seconda vettura laboratorio, che successivamente viene rimodellata in fibra di vetro come tutte le vetture della piccola produzione. Ne verranno fatte pochissime, le fonti sono incerte, ma tutte concordano sul fatto che ne siano stati realizzate almeno 11 e non più di 30.
POI RIPROPOSTA IN KIT. Mentre alla Bill Thomas Race Cars si lavora con dedizione per portare avanti tutte le fasi di sviluppo e terminare i 100 esemplari richiesti per condurre la Cheetah verso la sua omologazione, un incendio nel capannone principale distrugge completamente buona parte del lavoro fatto fino a quel momento. Non ultimo, General Motors ritira il suo prezioso appoggio e l’intero progetto si ferma bruscamente. La Cheetah rimane così un’eccentrica e ammirevole vettura sportiva americana, un rarissimo modello da collezione per cultori del genere, un’automobile da pista poi riprodotta e ricostruita come copia più o meno ufficiale. Infatti, nel 1996 Bob Auxier costruisce la sua prima Cheetah replica e in una joint-venture con BTM Race Cars e mette in moto una produzione che terminerà solo nel 2013.