Torino in festa per i 50 anni di The Italian Job
Uno sciame di Mini ronza e romba impazzito. Sorprende Torino con un’esplosione di colori che ruba sguardi, attira flash, diverte, incuriosisce. È l’atto conclusivo di The Italian Job Experience, il fitto calendario di eventi organizzato per i cinquant’anni del film da 8 Gallery in collaborazione con il Comune, Turismo Torino e Provincia, Film Commission Torino Piemonte, Mini Italia e BiAuto.
UN MERAVIGLIOSO VIAGGIO NEL TEMPO. Il mega tour ha visto unirsi all’ombra della Mole gli equipaggi del club inglese The Italian Job (giunti alle battute finali di un viaggio di diciassette giorni nel nostro paese) e quelli italiani del Mini Friends Torino. Dalla gimkana in quota sul tetto del Lingotto al flash mob nella centralissima piazza San Carlo, sfrecciando sbarazzine davanti ad altri luoghi-simbolo del film come il PalaVela e Palazzo Lascaris, cento Mini classiche e moderne hanno alzato il velo su una Torino molto diversa da quella di fine anni Sessanta.
TORINO E LA MINI. “Allora era grigia e un po’ trasandata, mentre oggi è vivace, piena di luci e colori”, dice della sua città adottiva il fotoreporter friulano Franco Turcati, che attraverso il suo obiettivo, nell’estate del 1968, raccontò e documentò l’ultimo giorno di riprese del film. Ospite d’onore insieme a un pimpante David Salamone – lo stuntman a cui il regista Peter Collinson affidò la Mini Cooper rossa e quindi il ruolo di Dominic –, Turcati è salito insieme a noi a bordo della Clubman Estate dell’appassionato Matteo Gimorri. Al nostro fianco, al volante di una Sports Pack ultra-personalizzata dentro e fuori, Dario De Lucia, un’istituzione in materia di Mini a Torino e non solo. Nel suo garage-atelier ToMini, le cui vetrine in stile british s’affacciano direttamente sul cavalcavia di corso Sommeiler, i sogni più bizzarri dei collezionisti diventano realtà e anche le Mini più neglette e maltrattate possono ambire a riacquistare lo smalto dei vecchi tempi.
UN SORRISO PER I BAMBINI. Poi c’è Alessandro Copersito, un altro Mini addicted molto conosciuto in città che, in occasioni come questa, ha parole di benvenuto per tutti. È lui il ponte di collegamento naturale tra Italia e Inghilterra, il filo che tiene uniti i due schieramenti – inglese e italiano – in una metafora che unisce due nazioni e restituisce la fotografia di un’unica, grande famiglia. Sulla sponda inglese, innamorata di Torino almeno quanto i torinesi, a portare i gradi di capitano sono Giulia Parisi e il figlio Federico St. George. Trent’anni fa i due hanno fondato a Brighton il sodalizio The Italian Job, che con l’aiuto di diversi sponsor crea ogni anno una raccolta fondi destinata alle famiglie inglesi che vivono in povertà assoluta. “In trent’anni abbiamo raccolto circa tre milioni di sterline”, spiega St. George, che quest’anno ne ha donate 2500 per il progetto benefico di Mini Friends Torino: diecimila euro all’Ospedale infantile Regina Margherita, inclusa una parte dei proventi delle sette fotografie di Turcati battute all’asta lo scorso 11 ottobre al Museo dell’automobile. Anche la somma devoluta dagli inglesi è stata ricavata dalla vendita di quello che è, forse, lo scatto più emblematico di quel reportage: la banda al completo di fronte alla Villa della Regina che carica nelle Mini i quattro milioni di dollari in lingotti d’oro rubati alla Fiat. Quest’immagine, insieme ai tanti altri, divertenti retroscena che Turcati catturò in un click, resterà in esposizione nei corridoi dell’8 Gallery fino alla prossima domenica.
FU UN GRAN BEL COLPO. Al calar della sera, quando è tempo di accendere i fari e prepararsi ai saluti, le strade si svuotano. Il traffico piano piano allenta la sua morsa e la carovana fa ritorno al Lingotto. C’è un velo di malinconia nell’aria, ma i sorrisi delle Mini – insieme alla consapevolezza che, in fondo, è solo un arrivederci al prossimo anno – rendono tutto meno triste. Torino già non vede l’ora di riabbracciare i ‘suoi’ inglesi e di riportarli alla scoperta di una città che cresce e cambia in fretta. E che se oggi è famosa in tutto il mondo, lo deve anche a quella scapestrata banda di inglesi e alle loro tre imprendibili Mini Cooper…
Foto: Franco Turcati